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Vincenzo Feo e il suo cotonificio                                351


                    L’inconveniente di tale disparità appare manifesto, se si consideri che in ta-
                    lune regioni, specialmente nel Mezzogiorno, è così esiguo il numero delle fan-
                    ciulle del popolo, che sappiano leggere e scrivere, da riuscire addirittura una
                    fortunata eccezione. Se a ciò si aggiunge che, nella gran parte degli opifici per
                    la filatura del cotone, una quantità non indifferente di lavoro è affidata alle
                    donne, non sarà difficile comprendere tutto lo squilibrio che l’attuazione inte-
                    grale dell’art. 5 94  verrebbe a portare nell’andamento delle filature, in rapporto
                    a una regolare distribuzione di lavoro. […]
                       Se l’industriale non può ritenere nel suo opificio, per il lavoro notturno, la
                    minorenne che non si trovi nelle condizioni previste dall’art. 2 della legge 1877,
                    dato, e non è difficile, il caso che non possa adibirla al lavoro giornaliero, sarà
                    costretto a licenziarla senz’altro. 95

                       E su questi temi prima lo stesso Vincenzo Feo e poi il figlio Andrea
                    instaurarono un lungo contenzioso epistolare con l’amministrazione
                    statale centrale (Ministero Agricoltura Industria e Commercio) e locale
                    (Prefetto, Consiglio Provinciale Sanitario e Ufficio del Lavoro), avan-
                    zando continuamente istanze – e tutto questo ancora alla fine del 1909
                    ‒, dopo di che, in assenza di documentazione, si può ragionevolmente
                    supporre  che  Feo  si  sia  adeguato  alle  disposizioni  normative,  non
                    senza aver ottenuto nel frattempo alcune concessioni, quali la ridu-
                    zione del riposo diurno di un’ora sulle undici di lavoro e, ma solo in
                    via transitoria, del lavoro notturno , e la progressiva sostituzione delle
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                    ragazze minorenni con altre superiori ai quindici anni.




                       94  L’articolo in questione prescriveva che, trascorsi cinque anni dalla promulgazione
                    della legge, e cioè nel 1907, il lavoro notturno sarebbe stato vietato alle donne di qual-
                    siasi età, il che avverrà puntualmente con Legge 10.11.1907, n. 818. Sull’argomento
                    vedi R. Canetta, La questione del riposo festivo tra ‘800 e ‘900, in S. Zaninelli, M. Tacco-
                    lini (a cura di), Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa nella storia economica
                    italiana, Vita e Pensiero, Milano, 2002, pp. 681-695. Per un inquadramento generale L.
                    Baudoin, La réglementation légale du travail des femme set des enfants dans l’industrie
                    italienne, H. Paulin, Paris, 1905.
                       95   Lo  stesso  anno  il  Ministero  provvide  a  rassicurare  il  suo  interlocutore:  «tutti  i
                    fanciulli e le donne che alla data di attuazione della legge, si trovino già impiegati al
                    lavoro, potranno rimanervi, anche se essi non abbiano soddisfatto al detto obbligo» (G.
                    Collotti, I Cavalieri del Lavoro cit., p. 375).
                       96  Il 27 dicembre 1907 Andrea Feo comunicava al Prefetto l’avvenuta cessazione del
                    lavoro notturno nello stabilimento in data 31 agosto (Asct, Fondo Prefettura, s. I, Affari
                    Generali,  b.  382).  Contro  il  lavoro  notturno,  all’improvviso  visto  come  estremamente
                    nocivo alla salute dei lavoratori, si leveranno le voci degli stessi industriali allorché ap-
                    parirà loro come un rimedio alla crisi di sovrapproduzione, così coprendo «col manto di
                    un altruismo inusitato le necessità imposte dal loro stesso interesse» (A. Cabiati, L. Ei-
                    naudi, L’Italia e i trattati di commercio, «Critica sociale», XII (1902), p. 236). Vedi anche
                    P. Jannaccone, L’industria del cotone e l’abolizione del lavoro notturno, estr. da «La Ri-
                    forma sociale», s. II, IV, vol. VII, Roux Frassati e C., Torino, 1897.


                                                Mediterranea - ricerche storiche - Anno XVII - Agosto 2020
                                                           ISSN 1824-3010 (stampa)  ISSN 1828-230X (online)
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